Schermi Rock Di Mauro Gervasini (Film Tv n.° 13/2010 - 4 aprile 2010)
Di monografie sul rapporto tra rock 'n' roll e cinema ne sono già state scritte, ma Rock Around the Screen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito (Liguori editore, pp. 243, euro 24.50) risulta oggi la più completa e attuale. Soprattutto perché dedica all'excursus storico una riassuntiva e doverosa prima parte, ma poi si concentra sull'evoluzione del filone. In particolare, è ottima la seconda parte dedicata al "rockumentary", con saggi di Simone Arcagni, Rosario Gallone e del nostro Alberto Castellano. Paragrafi dedicati al cinema di alcune icone pop-rock (Beatles, Bob Dylan, David Bowie, Pink Floyd) e ottima conclusione dedicata alle interviste, tutte inedite, a Julien Temple, Carlo Verdone (anche in veste di musicista), Gaetano Curreri degli Stadio e Fabio Liberatori, firmate da Fabio Maiello, tra i più noti esperti italiani di colonne sonore. Un libro rigoroso e da non perdere.
Il "cinerock" trova una sua originale declinazione nel nuovo lavoro solista di Melissa Auf der Maur, l'affascinante ex bassista delle Hole e degli Smashing Pumpkins. L'album, intitolato Out of Our Minds, propone un'autentica esperienza multisensoriale, poiché include assieme al disco vero e proprio anche un cortometraggio omonimo, alcune foto e un fumetto, il tutto naturalmente ispirato alle atmosfere e ai temi dei dodici brani di rock appassionato e raffinato che vedono la partecipazione, tra gli altri, anche di Glenn Danzig e di alcuni membri di band come Nine Inch Nails, Helmet, Battles e Priestess. La rossa artista canadese ha co-sceneggiato il corto di ventotto minuti, diretto da Tony Stone e presentato l'anno scorso al Sundance Film Festival, durante un'edizione particolarmente ricca di proposte musicali. L'Out of Our Minds cinematografico, del quale Melissa è pure protagonista, è un bizzarro fantasy di derivazione lynchiana che narra tre episodi differenti, ambientati in tre diverse epoche storiche: a fare da filo conduttore c'è il sangue, elemento che - tra incidenti d'auto, passeggiate in cimiteri abbandonati, misteriosi guerrieri vichinghi, cavalli al galoppo e malinconici ricordi di amori lontani - rimanda alla positività dei sentimenti (il cuore) ma anche alla cupezza della morte. Melissa Auf der Maur, nata a Montreal nel 1972, ha debuttato nel 1994 nelle Hole, dove faceva da perfetto contraltare, anche visivo, alla leader Courtney Love: l'una più eterea e raffinata, l'altra esuberante e sopra le righe. In seguito, ha suonato pure negli Smashing Pumpkins dell'amico Billy Corgan, fino allo scioglimento della band nel 2000. Quindi, nel 2004, ha pubblicato un ottimo album solista, intitolato semplicemente Auf der Maur, al quale hanno partecipato numerosi amici e illustri colleghi come, per esempio, Chris Goss e Josh Homme dei Queens of the Stone Age, Twiggy Ramirez, James Iha (ex Smashing Pumpkins) ed Eric Erlandson (ex Hole). Out of Our Minds, uscito venerdì anche in Italia, è il suo secondo lavoro solista. L'autrice lo ha definito un "multi-dimensional concept album", il cui scopo - ha aggiunto Melissa - è quello di "portare gli ascoltatori oltre la razionalità delle proprie menti, per farli scivolare sull'altro lato: quello del cuore". Cliccando qui è possibile leggere una bella recensione del disco, mentre chi volesse ascoltarlo integralmente può farlo in streaming dal sito ufficiale di Melissa, semplicemente cliccando qui; oppure, restando su questo blog e utilizzando il lettore nell'extra presente nella colonna di destra. Invece, qui sotto, è possibile guardare il trailer del cortometraggio e il video del primo singolo, omonimo, estratto dall'album. Buona visione!
Da ieri è in vendita il nuovo album dei Baustelle, I mistici dell'Occidente. Ad anticipare il disco, c'è il primo singolo, Gli spietati, accompagnato da questo video diretto da Daniele Persica e interpretato, tra gli altri, anche da due bei volti femminili del cinema italiano più giovane, come Carolina Crescentini e Valentina Lodovini. Il video omaggia l'immaginario visivo di Andy Warhol e della sua Factory. Buona visione!
In attesa dell'uscita su dvd, è stato presentato nell'ambito del South By Southwest Festival di Austin, Texas, il documentario dedicato al "mitico" Lemmy, il leader degli inossidabili metallari Motorhead. Lo stesso mister Ian Fraser Kilmister (vero nome dell'irsuto rocker) ha incontrato il pubblico dopo la proiezione, che ha registrato un ovvio "tutto esaurito", per rispondere a domande e curiosità.Lemmy, questo il titolo del film diretto e prodotto da Gregg Olliver e Wes Orshoski, è costruito come un vero e proprio "pedinamento", durato ben tre anni, del protagonista, seguito nella sua vita quotidiana a Hollywood, in tournée in giro per il mondo e nei suoi momenti di svago più o meno lecito. In questo stesso periodo, i due registi hanno anche intervistato numerosi musicisti di generazioni successive a quella del sessantaquattrenne cantante e bassista dei Motorhead, raccogliendo le loro dichiarazioni prevalentemente agiografiche nei suoi confronti: tra gli altri, spiccano i nomi di Dave Grohl, di Slash e dei Metallica al gran completo. Intanto, in attesa dell'uscita del film su dvd, lo stesso Lemmy ha annunciato che ad aprile la sua band entrerà in studio per iniziare le registrazioni del ventesimo album della loro densissima carriera.
E' appena uscito sugli schermi americani il biopic The Runaways, che ricostruisce la vicenda artistica di quella che, a metà anni Settanta, è stata la prima rock band tutta al femminile della storia dell'industria musicale statunitense. A dirigere il film sulle ragazzacce del Sunset Strip è Floria Sigismondi, cioè una delle autrici di videoclip più visionarie e influenti dell'intero panorama mondiale. Nei due ruoli principali delle storiche front-women del gruppo, la cantante-chitarrista Joan Jett e la cantante Cherie Currie, recitano Kristen Stewart e Dakota Fanning (qui, nella foto, le quattro tutte assieme in una foto scattata durante l'anteprima), calatesi ottimamente nei rispettivi personaggi. "Gli anni Settanta - ha spiegato la regista nel corso dell'anteprima newyorkese della scorsa settimana - sono stati un momento perfetto per essere adolescenti. Era un periodo di sperimentazione con il sesso, la droga e musica rock. E, in questo senso, le Runaways sono state una band davvero sperimentale: hanno fatto cose che in quegli anni le ragazze non potevano neanche immaginare di fare, come drogarsi nei bagni dell'aereo, o urinare durante le loro performance". Qui sotto, il trailer del film.
Nell'estate del 2007, i White Stripes iniziarono un lungo tour attraverso il Canada, con l'obiettivo di suonare in ogni provincia e territorio di quel Paese tanto particolare. A testimoniare un'esperienza artistica ed esistenziale certamente molto intensa provvede adesso Under Great White Northern Lights, il primo album live ufficiale della band, a chiusura del suo primo decennio di attività. Sì, perché il tour canadese servì a Jack e Meg White anche per celebrare i primi dieci anni dei White Stripes, con un indimenticabile concerto al Savoy Theatre di Glace Bay in Nova Scotia.Under Great White Northern Lights è composto, nella sua versione "basic", da un cd e un dvd. Il primo supporto contiene un ottimo disco registrato in Canada con sedici brani, tratti da diverse date della tournée: si tratta di materiali provenienti prevalentemente dagli album più recenti, incisi in maniera grezza ed essenziale in modo da restituire intatta l'urgenza live della band e la sua solida e viscerale "potenza di fuoco". Abbinato al cd, quindi, c'è il bellissimo rockumentary omonimo diretto da Emmett Malloy e passato con enorme successo al Toronto Film Festival dello scorso anno. Il film documenta in modo straordinario la vita di una rockband "on the road", con gli spostamenti continui, i tempi morti, i piccoli e grandi inconvenienti, le scoperte inattese, gli imprevisti graditi (come gli show gratuiti in posti improbabili come barche, sale da bowling o autobus), il rapporto con i fans e, naturalmente, le esibizioni sul palco. Malloy è sempre accanto ai due musicisti e riesce a restituirne la quotidianità con sensibilità e stile. Insomma, per una volta gli "strilli" di lancio non mentono: Under Great White Northern Lights è davvero uno dei migliori rock movies degli ultimi anni. Qui sotto, ecco il trailer ufficiale.
Terzo e ultimo appuntamento col cinerock secondo i White Stripes, sempre in occasione dell'uscita di Under Great White Northern Lights. Spazio ancora al geniale Michel Gondry, che ha diretto da par suo il video di Dead Leaves and the Dirty Ground. Buona visione! (d.d.p.)
Nuovo appuntamento con i video più cinematografici dei White Stripes, per celebrare l'uscita di Under Great White Northern Lights. Stavolta tocca a quello di Hardest Button to Button, diretto dal maestro Michel Gondry. Buona visione! (d.d.p.)
Da venerdì 12 è nei negozi di dischi il primo live ufficiale dei White Stripes, Under Great White Northern Lights, che documenta il loro tour canadese del 2007. Per celebrare degnamente questa significativa uscita discografica, composta dall'album registrato dal vivo e dal bellissimo rockumentary diretto da Emmett Malloy e già presentato al Toronto Film Festival, propongo una "tre giorni" all'insegna dei videoclip più cinematografici della band di Jack White. Si inizia, naturalmente, con l'inno Seven Nation Army, il cui video è diretto da Alex & Martin. Buona visione!
Da qualche settimana è uscito un gustosissimo volume a fumetti del grande Joe Sacco, l'uomo che ha fatto del comics-reportage un'arte. Il libro s'intitola Io e il rock (19 euro, 136 pagine illustrate di grande formato) ed è pubblicato in Italia da Comma 22. Tra le sue pagine, il più celebre inviato a fumetti del mondo, ben prima dell'esperienza in Palestina che lo ha reso celebre, affronta uno tra gli ambienti più pericolosi, spregiudicati, irrazionali e ridicoli al mondo: la scena rock americana degli anni Novanta. Al seguito del gruppo punk Miracle Workers, infatti, un Sacco poco più che esordiente ne documenta la tournée europea, con le cazzate sparate durante gli eterni viaggi sul furgone, le deliranti serate dopo concerto, la selva di fan o di groupie capaci di dire solo "ja, yes, sì", gli alti momenti alcolici alternati a quelli di deprimente sobrietà. Il bel volume raccoglie, comunque, oltre al ciclo intitolato Nella cricca dei capelloni e agli altri contributi ispirati dalle frequentazioni dell'autore nell'entourage dei Miracle Workers, anche alcuni ritratti emblematici della fauna che infesta il mondo del rock, una serie di irresistibili strisce sui Rolling Stones e altre sul blues. Le riproduzioni degli schizzi realizzati durante la tournée europea e quelle dei poster risalenti al suo periodo berlinese completano una raccolta ricca di tutti quegli elementi estetici e umoristici tipici dell'arte di Joe Sacco.
Originale forma di collaborazione, quella concepita da Marvel Studios e Columbia Records in occasione di Iron Man 2, il kolossal fanta-fumettistico in uscita sugli schermi cinematografici il 30 aprile. L'intera colonna sonora del sequel, infatti, è stata affidata agli Ac/Dc, che però hanno deciso di "infarcirla" di quindici loro grandi classici pubblicati tra 1976 e 2008 e tratti da dieci album. In questo modo, l'album Ac/Dc: Iron Man 2 che ne verrà fuori - pubblicato da Sony Music il 16 aprile - costituirà, al tempo stesso, la Original Soundtrack del film e il Greatest Hits della leggendaria band australiana. Il secondo capitolo cinematografico dedicato al vendicatore in armatura giallo-rossa riproporrà lo stesso regista del precedente episodio, Jon Favreau, oltre al medesimo protagonista, Robert Downey Jr. (Tony Stark / Iron Man). Accanto a lui ci sarà di nuovo Gwyneth Paltrow, mentre le novità arriveranno dagli ingressi di Scarlett Johansson, Sam Rockwell, Mickey Rourke e Samuel L. Jackson. Particolarmente attesa è la performance di Scarlett Johansson, che vestirà i panni succinti di Natasha Romanoff, cioè la Vedova Nera (nella foto qui sopra).
Il 7 maggio, la Colston Hall di Bristol ospiterà una proiezione molto, molto speciale di un capolavoro del cinema muto come La passione di Giovanna d'Arco (1928) del maestro danese Carl Theodor Dreyer. A musicare dal vivo la storica pellicola, infatti, ci saranno due tra i più rappresentativi musicisti dell'attuale scena electro-pop-rock: Adrian Utley (Portishead) e Will Gregory (Goldfrapp). Il duo sarà accompagnato, per l'occasione, da sei chitarre elettriche e da parte della Monteverdi Orchestra (percussioni, fiati e tastiere) diretta da Charles Hazlewood. La partitura di Utley e Gregory cercherà di esaltare lo spirito originale di un film unanimemente considerato tra i più influenti e rappresentativi dell'intera epoca del muto.
Da oggi, il megastore La Feltrinelli - Libri e Musica di Napoli ospita una bella mostra fotografica di Barry Z. Levine, interamente dedicata al megaraduno rock di Woodstock. Con i suoi scatti, il grande fotografo riesce a farci rivivere l'incredibile atmosfera di quei giorni, attraverso i volti e i corpi degli artisti e degli spettatori di un evento che, nell'agosto 1969, cambiò per sempre la storia della musica rock e, grazie al film che lo documentò, anche quella del cinerock. Nelle foto di Levine (una è riprodotta qui a lato) si possono ammirare le facce del pubblico scottate dal sole, i tecnici che si arrampicano sulle impalcature prima del concerto, rockstar come Jimi Hendrix e le tante altre che deliziarono le centinaia di migliaia di giovani presenti a quegli indimenticabili tre giorni di pace, amore e musica. E, su Woodstock, ecco ciò che scrive Vincenzo Esposito nel suo bellissimo saggio intitolato Dalla Terra alla Luna e incluso nel libro Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, curato da me e da lui per l'editore Liguori e presentato a inizio mese sempre alla Feltrinelli di Napoli: "Lontana dalla West Coast, una folla sterminata di persone (cinquecentomila, forse più) assistette, per tre giorni, a una serie lunghissima di numeri musicali: Joan Baez, Jefferson Airplane, Joe Cocker, Country Joe and the Fish, Richie Havens, Crosby Stills & Nash, The Who, Santana, Canned Heat, Creedence Clearwater Revival, Janis Joplin, Jimi Hendrix e altri ancora. "Una esposizione sotto il segno dell'Acquario", così recitava la locandina dell'epoca. Il sogno americano, dopo aver toccato il suo punto più occidentale con Monterey, stava tornando indietro, verso Est, come nel viaggio diEasy Rider, dove i due motociclisti Wyatt e Billy vanno alla ricerca di un sogno, che però non riescono a trovare, forse proprio perché lo rincorrono ad Oriente. A Est invece che a Ovest, quindi, ma soprattutto in campagna invece che in città. In quest'ultimo aspetto risiede una delle peculiarità di Woodstock: la grande comunità hippie si assiepò nell'enorme distesa verde della fattoria di Max Yasgur configurandosi come un popolo in fuga dalla città, in cerca di un consesso spirituale con la Natura e di un'utopica società pre-capitalistica e pre-tecnologica. Una materia che si annunciava epica, e che il documentario di Michael Wadleigh ha avuto il merito di saper rappresentare. [...] Attraverso l'uso frequente della pratica dello split-screen (cioè dello schermo occupato contemporaneamente da due o più inquadrature), Wadleigh intende rappresentare qualcosa di "irrappresentabile", un evento che è stato "troppo grande per il mondo", e che quindi rischia di essere troppo grande anche per il cinema. Lo split-screen è il cuore del film, ne scandisce il ritmo dall'interno, liberando la narrazione dalla tradizionale logica dei raccordi tra inquadrature. Esse, al contrario, fluiscono liberamente e parallelamente, talvolta ignorando le strutture spazio-temporali. [...] Woodstock è davvero un vortice atemporale, un presente immanente che, nel tentativo di rappresentare il futuro col meccanismo della reiterazione, pietrifica il sogno in mito. Nel documentario di Wadleigh sembra proprio che la Woodstock Nation sia finita in un "fuori orario" mitologico [...]". Naturalmente, il saggio di Vincenzo Esposito è molto più lungo, in quanto propone un originale e informatissimo percorso storico-critico lungo le mutazioni della cultura giovanile di fine anni Sessanta nella breve stagione compresa tra gli eventi rock di Monterey e dell'Isola di Wight. Tornando a Woodstock, invece, qui di seguito potete gustarvi il trailer dello straordinario cofanetto "con le frange" - chi ce l'ha sa a cosa mi riferisco - pubblicato l'anno scorso in occasione del quarantesimo anniversario del mega-raduno. Chi può non esiti a procurarselo, perché è davvero imperdibile...
Stanotte, per la prima volta nella sua storia, Hollywood ha premiato una donna con l'Oscar per la miglior regia. Si tratta di Kathryn Bigelow, la cineasta che ha fatto dell'adrenalina una forma d'arte, dandole al tempo stesso nuovi significati. Kathryn e il suo The Hurt Locker hanno conquistato altre cinque statuette, tra le quali quella principale per il miglior film, sconfiggendo l'ex marito James Cameron e il suo "mostruoso" Avatar. Qui su Rock Around the Screen esultiamo, perché Kathryn Bigelow è una regista molto, molto rock. Basti pensare al suo straordinario Strange Days di qualche anno fa. Di questo film ripropongo, qui sotto, il bellissimo trailer, l'emozionante e romantico finale (in italiano) e la trascinante performance musicale della futura rockstar Juliette Lewis (che canta Hardly Wait di P.J. Harvey). Grande Kathryn!!!
C'è un aneddoto persino più gustoso degli altri, all'interno dell'imperdibile libro scritto dal "mitico" Clarence Clemons assieme a Don Reo e recentemente pubblicato anche in Italia da Arcana. Il carismatico sassofonista della E-Street Band, infatti, nel suo Big Man - Storie vere & racconti incredibili (345 pagine, 22 euro) rivela - oltre alla vera origine del nome della leggendaria band - anche un retroscena riguardante Robert De Niro, il quale rivela: "Copiai Springsteen per Taxi Driver". Il riferimento è alla famosa scena della pellicola di Martin Scorsese, nella quale De Niro ripete ossessivamente davanti allo specchio "Ma dici a me? Ma dici a me?". Ebbene, a quanto racconta Clemons, quella frase l'attore la rubò proprio a Bruce Springsteen. Nel libro, che vanta una prefazione del Boss in persona, il sassofonista rievoca l'incredibile confidenza fattagli da De Niro, che gli chiese di custodirla per ben venticinque anni. Così, soltanto oggi "Big Man" ha deciso di svelare come l'attore gli confessò di aver "rubato di sana pianta" da Springsteen una delle più famose frasi della storia del cinema: "L'ha fatto in concerto. A un certo punto - gli disse De Niro - c'è il pubblico completamente in delirio, sono tutti in piedi a gridare, a chiamarlo per nome. Lui si ferma sotto la luce di un riflettore e, senza scomporsi di un millimetro, fa: Ma dite a me?. Poi si guarda intorno, come per assicurarsi che non ci sia nessun altro, e ripete la domanda: Ma dite a me? A Me? Con chi state parlando? Dite a me?. Fu geniale".
Qui di seguito potete guardare il booktrailer di Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, il libro a cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito edito da Liguori. Il video, proiettato con successo martedì sera alla Feltrinelli - Libri e Musica di Napoli in occasione della prima presentazione del volume, è stato realizzato dalla Scuola di Cinema e Fotografia di Napoli Pigrecoemme. Buona visione!
Successo oltre le più rosee previsioni, martedì sera al megastore La Feltrinelli - Libri e Musica di Napoli, per la prima presentazione di Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, il libro a cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito edito da Liguori. Bel clima, tanto pubblico attento e partecipe, con la sala strapiena e la gente seduta persino a terra e lungo la scala. Molto apprezzato il video realizzato dalla Scuola di Cinema e Fotografia Pigrecoemme, così come gli interventi di Valerio Caprara e della moderatrice Teresa Mancini, presenti al tavolo assieme ai due curatori. Sono intervenuti anche tutti gli autori napoletani dei vari saggi: Alberto Castellano, Giacomo Fabbrocino, Rosario Gallone, Michelangelo Iossa, Fabio Maiello, Corrado Morra e Antonio Tricomi. Assenti giustificatissimi, in quanto residenti altrove in Italia, gli altri tre saggisti Simone Arcagni, Bruno Di Marino e Giandomenico Curi, comunque salutati con un applauso dal folto pubblico presente in sala. Qui di seguito, ecco un po' di scatti, amatoriali, di questa piacevolissima serata (In ordine, dall'alto verso il basso: la sala quasi piena poco prima dell'inizio; un dettaglio della copertina del libro; un momento dell'incontro; due gruppi con i curatori Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito - entrambi col libro in mano -, gli autori dei vari saggi, più il relatore Valerio Caprara e la moderatrice Teresa Mancini).
Anche il film del momento, cioè Alice in Wonderland del geniale Tim Burton, civetta "alla grande" con l'universo pop-rock. E, d'altra parte, non poteva che essere così, se si pensa a cosa è il cinema del regista di Burbank e a quanto l'opera di Lewis Carroll abbia influenzato, nei decenni, l'immaginario rock. Sull'argomento consiglio questo bell'articolo di Francesco Prisco pubblicato oggi sul sito del Sole 24 Ore.E, per chi volesse approfondire ulteriormente, lo stesso Prisco propone un elenco delle principali rockstar che hanno, in qualche modo, omaggiato Carroll e la sua Alice con la propria opera e, spesso, con la propria stessa vita: Dai Beatles a Syd Barrett, dai Jefferson Airplane ai Cream, da Tom Waits ai Korn e a tanti altri ancora, del passato e del presente. Proprio nel caso di Barrett, è giusto parlare di influenza profonda sulla sua stessa esistenza, in quanto il fondatore e leader dei primi Pink Floyd, a un certo punto del proprio cammino, decise di trasformare se stesso in un autentico personaggio di Alice in Wonderland, con tutto ciò che questo potè comportare sul suo già fragile equilibrio psichico. Nel 1970, infatti, un Syd sempre più alienato e intimamente psichedelico "divenne" il Cappellaio Matto quando pubblicò il suo visionario esordio solista, carrolliano sin dal titolo: The Madcap Laughs ("Il Cappellaio Matto ride"). Peccato, però, che Syd Barrett non riuscirà più a riattraversare lo specchio della follia e a tornare indietro: chissà, infatti, quali e quanti altri capolavori avrebbe potuto regalare al nostro mondo al di qua dello specchio.
Domani pomeriggio, alle ore 18, presso il megastore La Feltrinelli - Libri e Musica di piazza dei Martiri a Napoli, è in programma la presentazione del volume Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop, a cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito (Liguori Editore). Interviene lo storico del cinema Valerio Caprara; coordina la giornalista Teresa Mancini. Saranno presenti i due curatori, gli autori dei vari saggi e il direttore della collana Cinema e Storia Pasquale Iaccio. E' prevista la proiezione di un video realizzato in collaborazione con la Scuola di Cinema e Fotografia di Napoli Pigrecoemme. "A metà anni Cinquanta, il rock - spiegano i curatori Del Pozzo ed Esposito - determina una svolta epocale nel rapporto tra cinema e popular music. Il nostro libro esplora proprio questo affascinante intreccio attraverso saggi e interviste esclusive a registi rock come Julien Temple e Carlo Verdone e a musicisti come Gaetano Curreri e Fabio Liberatori". Le interviste sono realizzate da Fabio Maiello, mentre i saggi sono, oltre che dei due curatori, di Simone Arcagni, Alberto Castellano, Giandomenico Curi, Bruno Di Marino, Giacomo Fabbrocino, Rosario Gallone, Michelangelo Iossa, Corrado Morra e Antonio Tricomi. Ovviamente, chi fosse a Napoli si faccia vedere, perché più siamo e meglio è...
A cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito Collana visionirock Quaderni di Cinemasud per Mephite edizioni 240 pagine, 12 euro
quarta di copertina
Il rapporto tra Bruce Springsteen e il cinema è affascinante e complesso. E non può essere ridotto alla presenza del rocker del New Jersey nei film, in veste di attore o autore di brani da colonna sonora, come accade per Elvis, Beatles, Rolling Stones, Dylan o Bowie. Il caso di Springsteen è diverso, persino unico, per la profonda influenza che il patrimonio culturale del cinema americano ha esercitato sulla sua scrittura estremamente “visiva”; ma anche per come egli stesso ha ispirato tanti film e cineasti con “pezzi di immaginario” derivanti dalla sua produzione. Si è di fronte, dunque, a un rapporto fortemente empatico e assolutamente paritario, fatto di un “prendere” dal cinema ma anche di un generoso “dare” all’immaginario popolare americano. Il libro curato da Del Pozzo ed Esposito ne ripercorre le tappe e, con ulteriori approfondimenti (Tricomi e Maiello) e un’ampia analisi iconologica (Morra), ne restituisce la ricchezza e l’assoluta originalità.
i curatori
Diego Del Pozzo, giornalista e critico, è autore del libro Ai confini della realtà. Cinquant’anni di telefilm americani (Torino, 2002) e dei testi del volume fotografico di Gianni Fiorito Scenari. Dieci anni di cinema in Campania (Napoli, 2006). Ha curato con Vincenzo Esposito Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato numerosi saggi in volumi collettivi, enciclopedie, cataloghi di festival, riviste specializzate. Collabora col quotidiano Il Mattino e fa parte del comitato editoriale della rivista Quaderni di Cinemasud. Insegna Comunicazione pubblicitaria e Storia e teoria dei nuovi media presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli.
Vincenzo Esposito, storico del cinema, è autore di una monografia su Alf Sjöberg (Roma, 1998) e di un libro sul cinema svedese, La luce e il silenzio (Napoli, 2001). Ha curato con Diego Del Pozzo il volume Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato molti saggi in volumi collettivi e riviste specializzate. Dirige l’Italian Film Festival di Stoccolma. Insegna Teoria e Analisi del Cinema all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
recensioni
"Un lavoro serio, ben fatto ed illuminante". (Mauro Zambellini, Buscadero, settembre 2012)
"Piacevole, scorrevole, consigliato ai fan e non solo". (Roberto Curti, Blow Up, settembre 2012)
"Quanto ha influito il cinema sulla poetica del grande cantautore e musicista? E in che misura Springsteen ha inciso sull'immaginario visivo della fine del Novecento? Il cinema secondo Springsteen analizza, in maniera del tutto inedita e appassionata, il legame tra l'autore di Born to Run e la settima arte. [...] Il testo, corredato da alcune foto in bianco e nero, ricostruisce l'universo concettuale del Boss legato a doppio filo col grande schermo". (Ilaria Urbani, La Repubblica, 21 luglio 2012)
"L’arrivo in Italia di Springsteen ha scatenato anche le case editrici. Detto dei testi commentati di Labianca, almeno altri due titoli vanno ricordati: All The Way Home di Daniele Benvenuti [...] e Il cinema secondo Springsteen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che indaga i diversi intrecci tra la sua musica e l’arte cinematografica". (Piero Negri, La Stampa, 7 giugno 2012)
"Il testo svela in una prospettiva inedita il rapporto tra l’icona della “working class” americana e l’universo di celluloide. La chiave di lettura dei due curatori partenopei, mai sviscerata neanche nella robusta produzione patria dedicata al rocker, è infatti quella di una relazione profondamente empatica, osmotica, tra il cinema (non solo) a stelle e strisce e i racconti del cantore dei “losers”, che come pochi ha saputo e sa narrare in musica e parole l’oscurità, l’emarginazione, la disoccupazione, i corsi e ricorsi delle crisi economiche, la guerra, il sogno americano (o quel che resta)". (Teresa Mancini, LeiWeb.it, 7 giugno 2012)
"C'è grande attesa per il tour di Wrecking Ball di Bruce e della E Street Band, un ritorno salutato anche da un libro sul suo rapporto con il cinema, un amore intenso e proficuo, ricco di scambi, col cantautore pronto a ispirare i suoi testi ai capolavori del grande schermo e il cinema in prima linea per accaparrarsi le canzoni del Boss. Un fenomeno studiato da Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che ne hanno tratto una mostra, conclusasi di recente al Palazzo delle Arti di Napoli, e, appunto, un volume: Il cinema secondo Springsteen, edito da Mephite (nella neonata collana visionirock). L'opera ha il merito di non soffermarsi solo sui contributi da Oscar regalati a numerose colonne sonore, [...] ma di raccontare come il mondo delle immagini abbia invaso, fino dagli albori della carriera, la musica del rocker americano". (Dunya Carcasole, L'Arena - Il Giornale di Vicenza - Bresciaoggi, 7 giugno 2012)
"Testo interessante anche Il cinema secondo Springsteen (euro 12, pp. 240) che Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito hanno curato per Mephite edizioni: vi si indaga il rapporto di mutua reciprocità tra il rocker del New Jersey e l'immaginario cinematografico a stelle e strisce. Perché il vecchio Bruce ha lavorato per il cinema (vi dice niente Streets of Philadelphia?), deve molto al cinema (il suo Tom Joad è lo stesso del Furore di John Ford) e ha influenzato molto cinema (vedi, tra le altre cose, The Wrestler con Mickey Rourke). Inoltre resta una meravigliosa faccia da cinema. Come un po' tutti gli americani con sangue italiano nelle vene". (Francesco Prisco, Ilsole24ore.com, 6 giugno 2012)
"Sono spesso i ribelli senza causa del cinema americano degli anni Cinquanta e Sessanta a ispirare il rock di Bruce Springsteen. Senza dimenticare che il forte impatto di film come Philadelphia o The Wrestler è dovuto anche alle colonne sonore che includono canzoni di Springsteen, che per Philadelphia ha anche vinto un Oscar. Forse, però, se proprio si vuol cercare un punto di riferimento nel rapporto tra il cinema e il rocker del New Jersey, occorre fare un passo indietro fino a Furore di John Ford, anno 1940, per capire come Tom Joad, l'anti-eroe di John Steinbeck alla ricerca di una "terra fertile" e ripagato con paghe da fame (a cui presta il volto Henry Fonda), abbia fortemente influenzato Springsteen, che ha basato proprio su questo film il suo album The Ghost of Tom Joad. Fervidi cultori del rapporto tra immaginario cinematografico e musicale, Del Pozzo ed Esposito non potevano che approfondire il tema curando il volume che dà il titolo alla nuova rassegna, Il cinema secondo Springsteen, da oggi in libreria nella collana visionirock del marchio Quaderni di Cinemasud (edizioni Mephite)". (Nino Marchesano, La Repubblica, 31 maggio 2012)
"Ma nelle pagine di Del Pozzo e Esposito, naturalmente, c’è molto di più, da film sconosciuti a tutti quelli che sono stati "sonorizzati" dalla voce di Bruce o dalle sue canzoni, dalla sua capacità di farsi illuminare dall’immaginario cinematografico americano alla disponibilità a rendere il favore, ispirandolo a sua volta. Autore di canzoni-sceneggiatura, padre di personaggi-workin’ class hero che potrebbero uscire da un lavoro di Bogdanovich, di Scorsese, di Coppola, Bruce è nato per correre come i "beautiful losers" di tanti film, non sempre capolavori. E, in attesa dell’ennesimo tributo di adrenalina e sudore che gli pagheranno i tanti fans campani che non si faranno sfuggire l’occasione di rivederlo con le sue nuove canzoni (e, purtroppo, senza Clarence "Big Man" Clemons), il giochino da cinerockettari è un mare di suoni e visioni in cui è dolce naufragare". (Federico Vacalebre, Il Mattino, 30 maggio 2012)
Rock Around the Screen
Storie di cinema e musica pop
A cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito Liguori Editore 294 pagine, 24.50 euro
quarta di copertina e recensioni
A metà anni Cinquanta, l'avvento del rock 'n' roll segna una svolta epocale nei rapporti tra cinema e musica, con le due "arti giovani" che, da allora, s'intrecciano indissolubilmente e s'influenzano a vicenda. Diverse storie artistiche e produttive, culturali e industriali danno conto di questo affascinante "abbraccio": dai teen-rock movies con e senza Elvis ai grandi raduni che quarant'anni fa decretarono la perdita d'innocenza della "Woodstock Generation", da generi specifici come le rock-operas e i rockumentaries ai film di Dylan, Beatles e Pink Floyd, dalle mutazioni del corpo-rock a quelle della citazione video-filmica, fino alle parole di "cineasti rock" come Julien Temple e Carlo Verdone. Esperti di cinema e musica raccontano in modo originale temi che hanno segnato in profondità lo sviluppo della cultura giovanile del secondo Novecento.
"Musica e immagini che si intrecciano lungo il filo dello sviluppo tecnologico oppure il racconto della società di massa, da ricercare nelle pieghe dell'industria discografica e nel cinema come rappresentazione in presa diretta, ma anche meta-racconto di nuovi miti costruiti su un soggetto sociale nuovo, i giovani [...]. Questo è Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica popa cura di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito..." (Adriana Pollice, il manifesto, 20 maggio 2010)
"Un'opera brillante e dettagliata, che ha il merito di fissare con buona sintesi alcuni punti fermi e di valorizzare il legame tra note e immagine, così cruciale nella cultura pop" (Donato Zoppo, Jam, Maggio 2010)
"Undici saggi, colti e non pallosi, su cinema e rock. Un altro libro sul tema? Già, ma vale la spesa. Per la scioltezza di linguaggio, la ricchezza dei riferimenti [...]. Una manciata competente di studiosi, cinefili, giornalisti, ispirati da un taglio trasversale, ricostruisce contesti e scenari, senza fermarsi alle curiosità da fan né parlare solo agli iniziati" (Raffaella Giancristofaro, Rolling Stone, Aprile 2010)
"Di monografie sul rapporto tra rock 'n' roll e cinema ne sono già state scritte, ma Rock Around the Screen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito risulta oggi la più completa e attuale. [...] Un libro rigoroso e da non perdere" (Mauro Gervasini, Film Tv, 4 aprile 2010)
"Un libro completo, affascinante ed imperdibile per tutti i grandi appassionati di cinema e della vera musica rock" (Lorenzo Iadicicco, Roma, 7 marzo 2010)
"Un'appassionante raccolta di saggi e interviste che indaga la svolta epocale compiutasi, anche sul grande schermo, con l'avvento del rock 'n' roll" (Teresa Mancini, City, 1 marzo 2010)
"Che rapporto esiste tra rock e cinema? È possibile parlare di uno specifico filmico del rock? Domande che si pongono spesso i cultori di entrambe le arti. E a cui tentano di rispondere gli autori di Rock Around the Screen" (Nino Marchesano, La Repubblica, 10 febbraio 2010)
"Carlo Verdone, uno che di musica se ne intende, dice la sua sul mondo del rock nel libro Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop (di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, edizioni Liguori) in uscita oggi. Da vecchio appassionato è in grado di fare confronti - sarà l'età, ma noi siamo dalla sua..." (Antonio Lodetti, Il Giornale, 2 febbraio 2010)
"Un excursus ampio e stimolante [...]. Del Pozzo e Esposito mettono ordine in una materia magmatica evitando il pericolo della nostalgia, canaglia soprattutto quando si parla di rock" (Federico Vacalebre, Il Mattino, 1 febbraio 2010)
Extra: ascolta l'album "Out of Our Minds" di Melissa Auf der Maur